giovedì 4 novembre 2010

SUL CIOCCOLATO SOLUBILE….

Per la preparazione della cioccolata in modo pratico e veloce c'è il cacao solubile, adatto ai meno esperti in cucina ma anche a chi non vuole perdere tempo e gustarsi subito una prelibatezza.

A che serve? Nel caso in cui bisogna realizzare un’ottima tazza di cioccolata calda o fredda in pochissimo tempo e nel modo più facile e pratico il cacao solubile può risultare davvero molto utile.

Dove si compra? Lo si trova in tutti i supermercati sugli scaffali dedicati agli alimenti per la prima colazione ed è un valido amico per chi è tanto goloso ma non esperto ai fornelli.

Perchè conviene? L’errore più attestato in cucina, nella preparazione della cioccolata calda, è infatti quello di bruciarla lasciando che si attacchi sul fondo del pentolino…

Il risultato? Un pentolino difficile da lavare ed una vera delusione per il palato!

Ma niente paura,tale rischio non si corre con il cacao solubile: basterà aggiungerlo al latte o all’acqua, sia caldi che freddi, nella dose di una cucchiaiata per tazza; si scioglierà rapidamente evitando anche lo spiacevole inconveniente della formazione di grumi.
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UNO SQUISITO NEMICO CHIAMATO CIOCCOLATO

Gli eccessi sono sempre un errore dettato da un momento particolare in cui per solitudine, noia o semplicemente voglia di soddisfare delle carenze sia affettive che nutrizionali possono indurci a commettere gravi errori.
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A quanto pare anche il consumo eccessivo di cioccolato provocherebbe in particolar modo nelle donne, le più fedeli consumatrici, delle serie complicazioni alle ossa.
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È quanto emerso da uno studio condotto dai ricercatori dell’University of Western Australia che ha messo in evidenza l’interazione tra osteoporosi e cioccolato. L’osteoporosi è una malattia degenerativa delle ossa molto frequente nelle donne in età matura e lo dimostra la ricerca eseguita su un campione di 1000 donne tra i 70 e gli 85 anni. Il colpevole pare sia l’ossalato, una sostanza nota come ostacolo all’assorbimento di calcio da parte dell’organismo.
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Ma il cioccolato, come tutti sappiamo, ha soprattutto notevoli proprietà benefiche, che vanno a vantaggio della circolazione sanguigna grazie alla presenza di flavonoidi, che inibiscono l’ossidazione del colesterolo LDL e i polifenoli che favoriscono il controllo della pressione arteriosa.
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Inoltre ha proprietà antiossiadanti, dovute alla presenza di sali minerali e vitamine del gruppo B, e grazie alle sostanze che possiede favorisce la produzione di serotonina chiamata anche
neuro-trasmettitore del buonumore che può indurre effetti benefici sull’organismo.
Quindi perché rinunciare ad uno dei piaceri della vita che riesce a donarci sensazioni sublimi che appagano i nostri sensi? Nonostante tutto, i lati negativi sono facili da deviare, basta moderarsi come del resto in tutte le cose, quindi stop alle scorpacciate di cioccolato e via libera a momenti di puro e sano godimento.
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BIODISEL AL CIOCCOLATO, ECCEZIONALE IMPRESA AMBIENTALE… SPERIMENTATA PER DAVVERO E NON SOLO SOGNATA.

L’idea di sperimentare l’utilità del cioccolato come fonte rinnovabile di energia è partita dall’Inghilterra.
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Il fine dell’eccezionale impresa era dimostrare che è possibile contrastare l’inquinamento utilizzando il biocarburante al posto del gasolio. Due giovani ambientalisti inglesi hanno accettato di partire nel mese di novembre 2007 per Timbuktu, in Africa a bordo di un fuoristrada alimentato con biodiesel al cacao, frutto di un’accordo tra un’azienda britannica che si occupa di carburanti e una fabbrica di cioccolato.
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L’industria dolciaria inglese ha messo a disposizione ben 4 tonnellate di cioccolato, corrispondenti a circa 80 mila barrette scartate per difetto di fabbricazione dai quali sono stati ricavati 2000 litri di carburante, una miscela di acidi grassi provenienti dall’olio vegetale e dall’alcol ricavato dal burro di cacao.
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Morale della favola:al Mali, uno dei paesi che risente maggiormente dell’impatto negativo dei cambiamenti climatici, è stato donato il dispositivo utilizzato per la sperimentazione del biodiesel, argomento negli ultimi anni molto dibattuto e in cui vincono gli interessi economici.
A noi non resta che domandarci quale sia stato il vero scopo del progetto, non sapendo a cosa porterà il suo utilizzo in futuro, visto le vigenti normative in materia che in molti Stati vietano l’utilizzo di oli vegetali come carburante. Di sicuro, il cioccolato è una fonte inesauribile di energia.
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mercoledì 3 novembre 2010

IL CIOCCOLATO D’ITALIA

Nocciole, castagne, mandorle e miele sono sempre stati parte integrante della cucina italiana. Non è quindi una grande sorpresa vedere che agli italiani piace il loro cioccolato dolce e alla nocciola. Amano anche il cioccolato di piccole dimensioni, semplice, spesso venduto in porzioni singole, pratiche per una dose veloce, nel caso in cui se ne dovesse avvertire l’esigenza.
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I cioccolatini napoletani, che assomigliano esattamente alle barrette di cioccolato in miniatura, con il loro singolo involucro sono conosciuti in tutta Europa. Gli italiani sono cioccolatieri creativi e sono bravissimi anche nella presentazione; la confezione italiana è sempre favolosa, sia che il design sia una decorazione tradizionale o una creazione minimalista degli anni 90.
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La Caffarel a Torino è uno dei cioccolatieri più antichi d’Italia. Avviata nel 1826, l’azienda acquistò la macchina per produrre cioccolato progettata da Bozzelli, ingegnere genovese, e divenne così il pioniere che spianò la strada all’industrializzazione. Nel 1865 la Caffarel sviluppò la confezione italiana preferita, il “gianduia”, un saporito rettangolo di impasto al cioccolato e nocciole, subito riconoscibile per la sua forma. Oggi la maggior parte dei cioccolatieri d’Italia produce la propria versione speciale di “gianduia” utilizzando ricette gelosamente conservate. Vi è una magnifica versione di misura gigante, il “gran gianduia” e una versione in miniatura, i “gianduiotti”.
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Una vecchia cultura di pasticceria è presente nel sud italiano e fu proprio qui, nel Salento –tacco d’Italia- che Maglio aprì la sua industria nel 1875. L’azienda passò da padre a figlio e ora è gestita dai fratelli. La gamma della Maglio si basa su cioccolatini fondenti bombati con ripieni ispiratori, inclusi i kumquat secchi, le pesche, le pere e le arance al liquore, i datteri e le prugne ripiene di marzapane e i fichi ricoperti di buccia di limone ripiene con una mandorla.
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Fondata nel 1796 la Majani a Bologna è uno dei cioccolatieri italiani più creativi. Le loro specialità sono le scorze, dei bastoncini di cioccolato deliziosamente fondente preparati con la stessa antica ricetta e il “Cremino Fiat”, lanciato nel 1911 come trovata pubblicitaria per festeggiare l’automobile Fiat Tipo 4. L’automobile è oramai fuori produzione ma il “Cremino Fiat” decisamente no. Questi favolosi cioccolatini in miniatura sono preparati con 4 tipi diversi di cioccolato a strati, simile ad una di quelle caramelle assortite alla liquirizia a strisce.
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La Perugina, con sede nella città medievale di Perugina, fu avviata nel 1907 da Francesco Buitoni, un discendente della famiglia che produce pasta. Dalle umili origini quando produceva mandorle zuccherate, la Perugina è oggi uno dei cioccolatieri italiani più grandi. Il marchio più famoso di tutta la gamma sono i Baci, lanciati nel 1922 e ancora molto venduti. Gli innamorati ancora si divertono a scoprire i messaggi romantici nascosti nell’involucro.
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La Peyrano, un esclusivo cioccolatiere di Torino, è quasi unica nel macinare i propri semi di cacao, molti pochi cioccolatieri lo fanno. I cioccolatini sono eccellenti, soprattutto il loro gianduia. La Peyrano vende anche il “Bicerin”, un impasto molto raro di cioccolato amaro, cacao, nocciole e miele, utilizzato per addolcire il caffè.
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LO SAPEVATE DEGLI INVOLUCRI E DELLE SCATOLINE PER IL CIOCCOLATO??

Gli involucri e le confezioni dicono molto sul tipo di cioccolatino che troveremo dentro. Come con l’etichetta su una bottiglia di vino o di olio extra-vergine di oliva, la dicitura su un involucro di cioccolatino può dare indizi importanti come la qualità del prodotto, quindi per un amante del cioccolato vale la pena avere confidenza con questa terminologia. Una certa confusione deriva dai termini inglesi “cacao liquor” e “cacao solids”. Liquor è il termine utilizzato negli USA mentre in Europa si preferisce il termine solids, ma entrambi si riferiscono alla stessa cosa: tutto il contenuto di cacao, incluso il burro. E’ in genere indicato con una percentuale del peso netto del prodotto finale. Il contenuto di cacao va dal 15%, che difficilmente rientra nella categoria del cioccolato, ad un incredibile 99% che è un’esperienza quasi immaginabile ma interessante.
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Sin dalla nascita dell’ Unione Europea, la legislazione sull’etichettatura degli alimenti è diventata molto più regolata e la classificazione del cioccolato è diventata un vero problema. Alcuni paesi produttori di cioccolato pensano che il prodotto della Gran Bretagna debba essere classificato come “vegolate” a causa dell’utilizzo di grasso vegetale e del basso contenuto di cacao. Per la gioia dei produttori inglesi, si tratta ancora oggi di una questione aperta.
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L’indicatore chiave di qualità è il contenuto di cacao- il totale combinato di cacao in polvere e burro di cacao. In alcuni casi, la couverture ad esempio, il contenuto di burro di cacao è specificato a parte. Nel caso del cioccolato fondente, un minimo del 50% di cacao totale è un indicatore di qualità. Il cioccolato al latte di qualità dovrebbe avere almeno il 30%. Poiché lo zucchero completa l’equilibrio degli ingredienti, un’alta percentuale di zucchero è un preavviso di un corrispondente contenuto basso di cacao. A differenza delle etichette dei vini, che indicano la varietà d’uva, la dicitura del cioccolato raramente fornisce informazioni sul tipo di seme di cacao utilizzato e non è obbligata a farlo. Un’eccezione è in Francia, dove le parole “fine cocoa” significano che sono state utilizzate varietà eccellenti di semi, come il crollo. I grassi animali o vegetali sono utilizzati come sostituti economici per una parte o la totalità del burro di cacao fino al 5%, senza indicarli sulla confezione.
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La lecitina, un emulsionante derivato dal tuorlo e i semi di soia, è utilizzata in tutti i tipi di cioccolato e all’1% o meno non è indicatore di qualità inferiore. Il suo ruolo consiste nello stabilizzare il cioccolato e assorbire l’eventuale umidità. Per quanto concerne gli aromatizzanti, cercate le parole “estratto di vaniglia puro”. Se è indicato “vanillina”, un sostituto sintetico, o semplicemente la parola “aromatizzanti”, è probabile che il cioccolato sia di qualità inferiore. Gli americani superano qualsiasi altro paese del mondo quando si tratta di fornire informazioni sugli ingredienti presenti nel cioccolato; gli involucri e le confezioni si leggono spesso come un libro. Ci sono specifiche molto precise per la qualità di cacao in polvere nei diversi tipi di cioccolato; tutti gli ingredienti aromatizzanti devono essere indicati; vi sono liste aggiuntive di zuccheri, come il destrosio e il glucosio, che hanno tutti i livelli massimi permessi e c’è sempre una tabella dettagliata con le informazioni nutrizionali.
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Lo stile della presentazione di una confezione di cioccolatini, la dice molto su chi potrebbe comprarla. I cioccolatieri sono stati fortemente consapevoli del valore del fascino da scaffale sin dall’inizio dell’industria. In Francia, le scatoline di cioccolato più squisitamente disegnate entrarono in voga intorno al 1780, comprendendo bellissimi quadri, targhette in rilievo e pietre semipreziose incise. Le scatole di cioccolatini inglesi non erano così ostentate; presentavano immagini sentimentali che erano molto di moda quando i cioccolatini in scatola arrivarono sul mercato. La prima fu prodotta nel 1868 dai Cadbury e rappresentava una ragazza che coccolava un gatto; la modella era la figlia di Richard Cadbury, Jessica.
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Parte dell’attrattiva erano anche le bellissime carte utilizzare per rivestire le scatole e i singoli strati di cioccolatini. Sebbene resistenti al grasso, i tipi di carta utilizzati hanno sempre avuto una qualità speciale. Potevano essere imbottite o incise con oro o argento o misteriosamente lucide, come la carta trasparente per ricalcare il croccante, con una rifinitura vorticosamente martellata. Un altro tripodi carta è conosciuto come patina trasparente. Ha una pellicola di cera ed è particolarmente lucente, dai colori scuri, che profuma quasi di cioccolato. Oggi, il design delle confezioni va da un estremo di stile ad un altro. Reminescenze dei favolosi anni 30 sono scatole rivestite con abbondante tessuto e ornate con nastri satinati e rose. Nella categoria kitsch, c’è una scatola a forma di pianoforte a coda bianco della Germania con i cioccolatini nascosti sotto il coperchio e dall’altra parte della gamma ci sono i cioccolatini di un designer minimalista moderno con cioccolatini sottili avvolti in una foglia d’oro.
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IL CIOCCOLATO SI CONSERVA COSI’…

L’umidità e il caldo sono i nemici più agguerriti del cioccolato, entrambi possono causare una patina in superficie. La patina causata dal calore è il risultato di cristalli di burro di cacao che salgono in superficie e si ricristallizzano.
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Il sapore rimane invariato ma l’aspetto è rovinato. La patina causata dall’umidità è più nociva. E’ il risultato dei cristalli di zucchero che salendo in superficie, si sciolgono a contatto con l’atmosfera umida e si ricristallizzano per formare una sgradevole patina grigia. Siccome la consistenza e il gusto del cioccolato si deteriorano, il cestino dell’immondizia è il miglior luogo da riservare al cioccolato affetto da questo fenomeno.
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La temperatura ideale di conservazione è 10-15° C, leggermente più caldo del frigorifero, e l’umidità dovrebbe essere del 60/70%. Il cioccolato assorbe facilmente gli odori circostanti e dovrebbe essere conservato in un contenitore ermetico.
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